
La richiesta Usa allo Stato ebraico: "Negoziati su ostaggi in corso, ritardare invasione terrestre". Trump invia Noem in Israele. Ancora raid: 38 morti in 24 ore
Due operatori della Croce Rossa sono stati uccisi durante un attacco alla loro abitazione nella città di Khan Younis, nella Striscia di Gaza. Lo ha reso noto la Croce Rossa Internazionale. "Siamo addolorati per la morte di due cari colleghi, Ibrahim Eid e Ahmad Abu Hilal", ha dichiarato il Comitato Internazionale della Croce Rossa in un post su Instagram. L'attacco è stato effettuato ieri, ha aggiunto il Cicr, rinnovando un appello "urgente" per un cessate il fuoco nel territorio palestinese.
Sono intanto entrati oggi nella Striscia i primi 9 dei 15 camion finanziati dal governo italiano attraverso il progetto “Food for Gaza” e donati al Pam (Programma alimentare mondiale -Wfp) dell’Onu. Grazie alla collaborazione con il Pam, i 9 camion sono arrivati sul lato palestinese del valico israeliano di Kerem Shalom, percorso che dovrebbero seguire i restanti 6 nelle prossime ore, rende noto la Farnesina.
I camion sono stati modificati per poter fungere da “muletti” all’interno della Striscia e distribuire farina e altri aiuti alimentari nei vari punti di distribuzione gestiti o riconosciuti dal Pam. In queste ore la situazione nella Striscia è molto delicata, si sono registrati molti assalti della popolazione sia ai veicoli in movimento che ai panifici e ai centri di distribuzione.
Il nuovo arrivo di aiuti si somma agli interventi umanitari precedenti compiuti dal governo italiano, che ha già mobilitato 35 milioni di euro e più di 100 tonnellate di alimenti e forniture mediche a favore della popolazione di Gaza.
E mentre continuano i raid su Gaza, gli Stati Uniti hanno chiesto negli ultimi giorni a Israele di rinviare la loro operazione militare su vasta scala nella Striscia, nell'ambito degli sforzi per portare a termine i negoziati per un accordo sulla liberazione degli ostaggi. A riferirlo al Jerusalem Post due fonti a conoscenza della questione, spiegando che la richiesta comprendeva due elementi chiave: ritardare l'operazione su vasta scala a Gaza e consentire che i negoziati in corso procedessero parallelamente all'operazione militare.
Sebbene Israele stia attualmente conducendo operazioni significative a Gaza, i funzionari di Gerusalemme hanno chiarito che, una volta iniziata l'operazione terrestre su vasta scala, Israele non si ritirerà dalle aree in cui entra, nemmeno nell'ambito di un potenziale accordo. Inoltre, la possibilità di un cessate il fuoco come parte di qualsiasi accordo diventerebbe più complicata.
L'esercito israeliano sta intanto "intensificando le sue attività nella Striscia di Gaza in conformità con il piano stabilito". Lo ha dichiarato il Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir, spiegando, durante una visita alle truppe a Khan Younis, che "Hamas è sottoposta a un'enorme pressione. Ha perso la maggior parte dei suoi mezzi e il suo apparato di controllo. Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per riportare a casa gli ostaggi, smantellare Hamas e smantellare il suo governo".
L'esercito stima quindi che entro due mesi le Idf avranno preso il controllo del 75% di Gaza, concentrando circa due milioni di palestinesi in tre aree principali: Gaza City, i campi profughi centrali e la zona di al-Mawasi. Secondo le Idf, si prevede che l'allontanamento della popolazione spingerà Hamas verso il collasso e verso una crisi di governance interna, costringendo il gruppo a tornare al tavolo delle trattative sul rilascio degli ostaggi, alle condizioni imposte da Israele.
Tuttavia, scrive Haaretz, l'esercito riconosce lacune nella strategia, in particolare per quanto riguarda le conseguenze che potrebbero verificarsi se Hamas rimanesse trincerato nonostante l'escalation delle operazioni israeliane. I funzionari non sono inoltre in grado di spiegare appieno in che modo un simile approccio influenzerebbe il destino degli ostaggi, soprattutto considerando la valutazione dell'esercito stesso secondo cui, nonostante i pesanti colpi, l'ala militare di Hamas rimane operativa con circa 40.000 combattenti, all'incirca lo stesso numero che aveva prima del 7 ottobre.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha intanto incaricato la segretaria per la Sicurezza Interna Kristy Noem di visitare Israele dopo l'attacco al Museo Ebraico di Washington dove tre giorni fa sono rimasti uccisi Yaron Lischinsky e Sarah Lynn Milgrim. Noem parteciperà a un evento commemorativo per i due israeliani morti e incontrerà il Ministro degli Esteri Gideon Saar.
Continua intanto a salire il bilancio dei morti per gli attacchi di Israele nella Striscia di Gaza. Almeno 38 palestinesi sono stati uccisi e altri 204 feriti nelle ultime 24 ore in seguito ai bombardamenti israeliani. Lo ha reso noto il ministero della Sanità dell’enclave attraverso un comunicato diffuso su Telegram. Il numero, precisano le autorità sanitarie, non include le vittime di ospedali nel nord della Striscia, a causa delle difficoltà di accesso a quelle strutture.
Il portavoce della Protezione civile, Mahmud Bassal, ha riferito che cinque vittime sono state registrate dopo il crollo di un’abitazione a Jabalia, mentre un drone ha colpito le tende di sfollati a ovest di Nuseirat, causando un altro morto.
L’esercito israeliano, che negli ultimi giorni ha intensificato l’offensiva definendola una "nuova spinta" per annientare Hamas, ha dichiarato di aver effettuato oltre 100 attacchi su tutta la Striscia nelle 24 ore precedenti.
Secondo il ministero, dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023, il bilancio complessivo è salito a 53.939 morti e 122.797 feriti. Solo dal 18 marzo, data in cui Israele ha rotto la tregua con Hamas, si contano almeno 3.785 vittime e oltre 10.700 feriti.
Le forze di sicurezza israeliane hanno intanto operato nella casbah di Nablus dove hanno arrestato un militante ricercato del gruppo terroristico "Tana dei Leoni", che aveva compiuto attacchi, contribuito all'approvvigionamento di armi e pianificato operazioni terroristiche. Lo riporta Ynet, citando fonti della polizia, le cui forze sotto copertura hanno raggiunto il complesso in cui il sospettato era barricato, lo hanno circondato e arrestato impedendone la fuga.
Intanto le sirene d’allarme sono risuonate nell’area di Gerusalemme, nei territori occupati della Cisgiordania meridionale e nelle comunità vicine al Mar Morto, in seguito al lancio di un missile balistico dallo Yemen verso Israele. Lo ha confermato l’esercito israeliano - ripreso dal Times of Israel - che ha successivamente informato di aver intercettato il missile, attribuito agli Houth i filo-iraniani.
Pochi minuti prima delle sirene, i civili avevano ricevuto un avviso preventivo tramite notifica push sui propri telefoni, segnalando l’arrivo di un missile a lungo raggio. Secondo l’Idf, dall’inizio della ripresa dell’offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza, avvenuta il 18 marzo, gli Houthi hanno lanciato contro Israele 39 missili balistici e almeno 10 droni. Diversi ordigni sono caduti prima di raggiungere il territorio israeliano.
Gli Houthi hanno rivendicato l'attacco rendendo noto di aver lanciato un "missile balistico ipersonico" contro l’aeroporto Ben-Gurion di Tel Aviv. In un comunicato diffuso su X, i ribelli hanno affermato che "l’operazione ha raggiunto con successo il suo obiettivo", sostenendo di aver causato il panico tra i civili israeliani e il blocco temporaneo dell’aeroporto. Nel messaggio, le forze armate yemenite hanno anche ribadito il loro "divieto continuo al traffico aereo verso l’aeroporto di Lod", affermando che molte compagnie aeree si sarebbero già adeguate alla restrizione, con conseguenze significative sulla mobilità aerea nella regione.
Intanto il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha invitato la comunità internazionale a prendere in considerazione sanzioni contro Israele per fermare la guerra a Gaza. Parlando a margine del vertice di Madrid con 20 Paesi europei e arabi, Albares ha dichiarato a France Info che "questa guerra non ha più alcun obiettivo" e che "bisogna fare tutto il possibile per fermarla".
L’incontro, che coinvolge anche la Lega Araba e l’Organizzazione della Cooperazione Islamica, punta a rilanciare una soluzione a due Stati e a garantire un accesso massiccio e senza ostacoli agli aiuti umanitari per Gaza. Albares ha criticato il controllo israeliano sugli aiuti, affermando che "non può essere Israele a decidere chi può mangiare e chi no". Dopo la decisione dell’Ue di rivedere l’accordo di cooperazione con Israele, il ministro ha sottolineato che "dobbiamo considerare anche le sanzioni".